L’amore per l’ambiente e l’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici hanno portato all’ideazione del plogging, una disciplina sportiva che diventa gioco e unisce la corsa alla raccolta dei rifiuti abbandonati.
Cosa significa plogging?
Il termine deriva dall’unione di due parole: il verbo svedese plocka upp che significa “prendere su” e il termine ormai diffuso jogging. I primi gruppi dediti a quest’attività, quindi, nascono in Svezia, dove il podista Erik Ahlström iniziò a ripulire le strade di Stoccolma correndo.
Ora il plogging è un trend forte del momento, che possono fare tutte le persone indipendentemente dall’età e da dove ci si trova. Nelle ultime settimane, anche Bebe Vio ha partecipato in prima linea a una maratona per ripulire la spiaggia di Livorno da rifiuti abbandonati.
Plogging con i bambini
Praticare plogging coinvolgendo tutta la famiglia è un ottimo modo per sensibilizzare alla cura dell’ambiente e al benessere dello sport. Si può trasformare in una gara a chi raccoglie più rifiuti o, ancor meglio, a chi trova quello più strano.
È importante tutelare però la salute delle bambine e dei bambini che si dedicano al plogging, stabilendo cosa raccogliere e cosa no in base al rischio di farsi male. Cartacce, mozziconi, bottiglie di plastica, mascherine, scontrini sono sicuramente i rifiuti più sicuri per i piccoli.
Ovviamente questa disciplina richiede un abbigliamento strategico. Munitevi di scarpe e vestiti comode, un sacchetto per la raccolta dei rifiuti e i guanti per non toccarli a mani nude. Una volta ploggata la spazzatura, dividetela a seconda del materiale e riponetela nei cassonetti della differenziata.
Il plogging è quindi un’attività che sviluppa una sensibilità maggiore alla sostenibilità. Se volete approfondire il tema e trovare degli esempi di bambine e bambini che si dedicano all’ambiente, leggete l’articolo del Professor Strampalat dedicato alle Green Girls.